mercoledì 5 giugno 2013

Ciao a tutti, ci vediamo di la.

Da ormai tre anni Mente Digitale si è trasferito in un dominio proprio: www.mentedigitale.org.

Mi sono accorto solamente oggi che questo vecchio blog è ancora aperto, per questo non ho inserito prima questa comunicazione.

Che aggiungere: passate a trovarmi!


lunedì 4 aprile 2011

Esperimento Carcerario di Stanford part.2/6 – Guardie e detenuti


Leggi la parte 1

Le guardie
Come nella realtà le guardie vennero informate dell’importanza della loro mansione e dei rischi che potrebbero correre, ma (a differenza della realtà) l’unica direttiva che ricevettero fu di fare tutto ciò che ritenevano necessario per mantenere l’ordine e farsi rispettare dai prigionieri. Questo senza prima seguire alcun tipo di corso o addestramento.

Tutte le guardie indossavano una divisa color caco, vennero munite di fischietto e manganello e portavano tutte degli occhiali a specchio.
L’utilizzo degli occhiali a specchio è stato deciso per non far intravedere gli occhi e le espressioni (sintomo di emozioni e quindi di debolezza) rendendo così “inumana e forte” la loro presenza (foto 1).

Ovviamente lo studio comportamentale delle guardie era tanto importante quanto quello dei prigionieri. Ambedue i gruppi si trovavano per la prima volta a ricoprire tali ruoli.
I carcerieri erano divisi in gruppi di tre e si davano il cambio ogni otto ore.

I detenuti:
Una volta arrivati i prigionieri vennero condotti dal “direttore del penitenziario della contea di Stanford”, che li informò della loro condizione di carcerati e dei propri “crimini” e successivamente vennero perquisiti e cosparsi di una sostanza contro germi e pidocchi (foto 2).

Questa è una procedura utilizzata anche in una prigione del Texas, come documenta questa foto di Danny Lyons (in approfondimento).


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Ad ogni prigioniero venne consegnata una uniforme da indossare senza mutande o biancheria intima, con stampato fronte e retro il numero identificativo e da quel momento si sarebbero dovuti riferire alle guardie o agli altri detenuti esclusivamente tramite quello. Non avevano più nome e cognome, solamente un numero, rendendoli così anonimi e causando la conseguente perdita dell’identità, data anche dalla rasatura dei capelli subita qualche istante prima.

Dopo aver indossato tali “uniformi” si riscontrò che i detenuti iniziarono a camminare e a sedersi in modo diverso, più femminile.

Oltre a questo venne applicata una pesante catena con lucchetto alla caviglia destra, gli vennero dati dei sandali di gomma ed un berretto fatto con calze di nylon da donna. Tale catena li opprimeva, e li rendeva consci della propria condizione di prigionieri anche mentre dormivano, perché bastava che si girassero nella branda per farla sbattere sulla caviglia dell’altro piede svegliandoli e ricordandogli l’impossibilità dell’evasione, anche in sogno (foto 3).

Il berretto veniva utilizzato in sostituzione della capigliatura, che a seconda della lunghezza può esprimere il proprio modo di essere. Questa è una pratica eseguita soprattutto nelle carceri militari.
Nella gallery trovate la fotografia di uno dei “detenuti” prima e dopo la rasatura, vi renderete subito conto dell’enorme differenza (foto 4).

I detenuti erano coscienti che avrebbero potuto subire abusi di potere, tagli delle razioni alimentari, violazione della privacy e dei diritti civili, ed avevano firmato il proprio consenso.

I carcerati erano chiusi nelle celle a gruppi di 3.

Nota: altre 24 persone attendevano pronte a subentrare nell’esperimento in caso di necessità.

So che i preamboli son stati lunghi, ma erano necessari per una corretta comprensione dei personaggi in gioco, e del fatto che nulla è stato lasciato al caso. Fin da subito si nota come si cerchi di rendere il più succube possibile ogni prigioniero.

Dal prossimo post inizieremo ad entrare nel vivo dell’esperimento, analizzando i primi fatti che hanno comportato una vera e propria tragica reazione psicologica a catena.

Continua...

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Esperimento Carcerario di Stanford – Part.1/6 – Il carcere


Articolo inserito su Lega Nerd.

Eccoci con il primo esperimento scientifico estremo: Il Carcere Stanford.

Dato che è molto lungo e c’è tanto materiale sia video che fotografico lo dividerò in sei post.

Le fonti alla quale attingo sono il sito ufficiale dell’esperimento e parte della tesi di laurea di un mio conoscente dalla quale estrapolo le parti più interessanti.


Assistenti di ricerca e collaboratori:


Carolyn Burkhart, David Gorchoff. Christina Maslach, Susan Phillips, Anne Riecken, Cathy Rosenfeld, Lee Ross, Rosanne Saussotte, Greg White.

Molti di voi avranno visto il film The Experiment ma non tutti sanno che è stato tratto da un esperimento realmente condotto nel 1971 da un team di ricercatori diretti dal Professor Philip Zimbardo.

L’esito fu così drammatico da far sospendere la ricerca dopo appena 6 giorni e da coinvolgere i parenti dei soggetti, avvocati, polizia ed addirittura un prete, ma ci arriveremo a tempo debito.

Tutto inizia quando un gruppo di 70 persone risponde affermativamente ad un annuncio sul giornale che offre 15 dollari al giorno in cambio della partecipazione ad un non specificato studio sugli effetti della vita in prigione.

Dopo aver sottoposto tutti i candidati a test di personalità al fine di escludere coloro che hanno problemi psicologici, malattie o fatto abuso di droghe ne vengono scelti 24; per la precisione tutti studenti universitari, in piena salute e di ceto medio.
Essi vengono divisi in modo assolutamente casuale (col lancio della moneta) in due gruppi: metà saranno guardie e metà prigionieri. Il fatto che non ci sia alcuna differenza tra le persone nei due gruppi è estremamente importante.


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La mattina seguente i prigionieri ricevono a casa propria la visita di un auto della polizia di Palo Alto che li arresta per i crimini più svariati sotto gli occhi sbigottiti dei vicini e vengono condotti nel seminterrato del Dipartimento di Psicologia di Stanford adibito a prigione.

Nell’approfondimento potete vedere il video dell’operazione.
[spoiler show="Visualizza approfondimento" hide="Nascondi approfondimento"][youtube sYtX2sEaeFE nolink][/spoiler]


Il carcere
Per realizzare una prigione il più possibile realistica il Prof. Zimbardo si rivolse ad un gruppo di esperti, incluso un ex detenuto che ha scontato una pena di 17 anni (avrà il suo spazio nella sesta parte dell’articolo).

Oltre alle celle i prigionieri potevano accedere solamente al “cortile” che era un corridoio chiuso da alcune assi ove passeggiare durante l’ora d’aria e per espellere i bisogni corporali venivano bendati per evitare che scoprissero vie di fuga.

Le celle vennero create sostituendo le porte dei laboratori con altre fatte di sbarre d’acciaio, con sopra in bella mostra il numero. Erano così piccole da contenere solamente tre brandine e null’altro, oltre ad un citofono per eventuali comunicazioni contenente un microfono celato, così da spiare le conversazioni dei detenuti. Non c’erano finestre o orologi, una condizione questa che portò in seguito a qualche esperienza di perdita della cognizione del tempo.

Di fronte alle celle c’era “Il Buco”, uno stanzino così piccolo da permettere ad un eventuale “cattivo prigioniero” rinchiuso dentro di stare solamente in piedi.

Nell’approfondimento potete vedere il video degli stanzini prima che fossero adibiti a celle.


[spoiler show="Visualizza approfondimento" hide="Nascondi approfondimento"][youtube TShFPParenk nolink][/spoiler]


[Edit]
L’esperimento è stato ripreso anche nella serie tv “Life”: per la precisione nella quarta puntata della seconda stagione, intitolata “Non per niente”.

[Edit 2]
L’esperimento è stato citato anche nella serie televisiva “Veronica Mars” per la precisione nella Stagione 3 Episodio 2 “Dietro la porta”.

Leggi la seconda parte.

Intervista a Marcello Signore


In occasione della presentazione del canale televisivo La3 ne ho approfittato per fare paio di domande a Marcello Signore, il conduttore del programma “Mi Chiamo Nerd”.

[youtube lfovzgwTuls nolink]

http://www.flameproduction.it/sito/intervista-a-marcello-signore/

Presentazione canale televisivo La3


Giovedì mi sono recato a Trezzano sul Naviglio per la presentazione di La3, il nuovo canale televisivo che partirà da domani sulle frequenze di Sky.

Nel video trovate un’intervista al Director TV.

Mi pare che si tratterà di un canale con molte trasmissioni interessanti, e mira ad essere un punto d’incontro tra il web e la tv.

[youtube WSZkMkLkxB8 nolink]

http://www.flameproduction.it/sito/presentazione-canale-televisivo-la3/

Il miglior firewall del mondo

La donna è il miglior firewall esistente al mondo e lo si dimostra con qualche piccolo calcolo:


1. Una cellula umana contiene circa 75MB di informazioni genetiche contenute nel DNA.
2. Uno spermatozoo contiene la metà dei cromosomi di una cellula normale, quindi metà DNA, quindi circa 37,5MB di informazioni.
3. Un ML di sperma contiene circa 100 milioni di spermatozoi.
4. In media una eiaculazione dura 5 secondi e contiene 2,25 ml di seme.
5. Questo significa che il throughput di un uomo è circa

(37,5MB x 100.000.000 x 2,25)/5 = 1.687.500.000.000.000 byte/secondo

quindi 1.6875 Тerabyte/sec

Questo significa che un ovulo femminile sopporta un attacco di tipo Distributed Denial of Services da quasi 1,7 terabyte per secondo, e permette il passaggio di UN SOLO pacchetto (molto raramente DUE), questo significa che è il firewall hardware più efficente al mondo.

Purtroppo quel solo, unico, pacchetto mette down tutto il sistema per i successivi 9 mesi. :-)



Fonte: SpippolAzione.net


mercoledì 30 marzo 2011

Assassin's Creed: assassini della lettura.


Da sempre la lettura è percepita dai giovani come un’impresa ostica. Leggere infatti non occupa uno spazio ben preciso durante la giornata, ma spesso (quando va bene!) viene usata come tappo dei buchi di noia. La lettura viene associato allo studio e sicuramente la situazione non migliora se il libro, oltre ad essere sentito come noioso, è fondamentalmente inutile. Inutile non solo da un punto di vista pratico, ma soprattutto emotivo, culturale ed artistico.
Facendo parte dello spettro sociale anche l’universo videoludico non sfugge a questo pregiudizio giovanile. Intorno all’oggetto artistico videogame ruotano infatti molte forme d’arte tra cui la letteratura che, come detto prima, viene quasi totalmente snobbata dalla massa videogiocante.
Se poi le software house sfruttano questa normale tendenza a scopi economici questa condizione risulta tragica.
Il caso di  cui vi voglio parlare, che rientra in questa vergognosa descrizione, è la Ubisoft con Assassin’s Creed. Probabilmente è inutile scrivervelo, ma Assassin’s Creed è ormai da considerare una delle serie di punta del produttore francese. Non solo per quanto riguarda gli enormi successi di vendita, ma anche per gli ottimi giudizi della critica.
Io sono uno di quelli che compongono la massa di videogiocatori amanti del credo. Di conseguenza, entrando in una libreria del centro di Torino, non ho potuto fare a meno che comprare a 10,50€ la versione superbestseller di Assassin’s Creed Rinascimento, il primo romanzo ambientato nel mondo degli assassini e dei templari.
Aprendo il libro ci si trova davanti ad una citazione di nientepopodimenoche Leonardo da Vinci: “Quando io crederò imparare a vivere, e imparerò a morire.”. Già. In quel momento il mio pensiero è stato: incominciamo bene!
Fin dalle prime pagine avevo capito in cosa mi fossi imbattuto: una copia spiccicata della sceneggiatura di Assassin’s Creed 2. Questo a mio avviso è il difetto maggiore proprio per il motivo accennato poco prima: la totale inutilità derivata dalla lettura di questo romanzo. Mi metto ad esempio nei panni di un ragazzo di quindici anni che dopo aver completato il gioco entra come me in libreria e vede sugli scaffali questo romanzo. Me lo immagino un ragazzo normale, non particolarmente attratto dalla lettura, ma comunque disposto a comprare (e soprattutto leggere!) il libro perchè spinto dalla sua passione videoludica. Quale sarebbe la sua reazione nel constatare che lui, che ha letto il libro, non ha acquisito alcuna conoscenza in più su Assassin’s Creed rispetto ad un suo compagno che invece ha solo giocato al videogame? La conseguenza è proprio il diventare consapevoli che la lettura, in questo caso addirittura di grande interesse personale, sia inutile nella sua totalità.
Questo è proprio uno di quei casi in cui ci si rende conto cosa siano disposti a fare i produttori in cerca di pecunia! Arrivare a vendere carta straccia sfruttando semplicemente la popolarità di un brand. Sicuramente avrebbero fatto una figura migliore nel vendere una copertina con dentro delle pagine vuote in cui ci fosse scritto: “Crea la storia dell’assassino che c’è in te!”.
Ovviamente non sono così esagerato semplicemente perchè la sceneggiatura è talmente copiata che alcuni dialoghi sono uguali identici, ma anche per altri evidenti difetti.
Il primo deriva dalla totale mancanza di una rilettura della traduzione. Gli errori grammaticali e sintattici infatti non si fermano solo alla citazione leonardiana, ma proseguono in tutto il romanzo tempestando ogni capitolo. Oltretutto ho saputo che nella prima stampa, che costava 9,50€ in più, erano presenti molti più refusi.
Non è raro inoltre trovare veri e propri errori (e non refusi!) che colpiscono anche i protagonisti di fantasia della storia. Ad esempio Cristina, la fidanzata fiorentina di Ezio, che rappresenta l’unica novità rispetto alla trama di Assassin’s Creed 2, nel romanzo fa di cognome Calfucci, mentre in Assassin’s Creed  Brotherhood si chiama Vespucci, come il noto esploratore.
Anche a livello generale lo stile di Assassin’s Creed Rinascimento fa acqua da tutte le parti risultando estremamente sempliciotto nei ragionamenti logici, nei dialoghi, nelle descrizioni dei personaggi e dei luoghi.
Conseguenza questa anche del fatto che certi dialoghi e certe situazioni, che ben si adattano ad un gioco, risultano paradossali all’interno di un libro. Un esempio? Eccovi serviti:
Siamo nel bordello di Paola che ci sta insegnando da qualche giorno a confonderci tra la folla.
[Infine, il terzo giorno, i mordaci commenti] di Paola [diminuirono e al mattino del quarto riuscì a passare sotto il naso di Paola senza che lei battesse ciglio. Di fatto, dopo cinque minuti in silenzio, paola gridò: <<D’accordo, Ezio, mi arrendo! Dove siete?>>. Soddisfatto, uscì da un gruppo di ragazze, la copia sputata di uno dei servitori di casa. Paola sorrise, battè le mani e tutti applaudirono. Il lavoro finì lì.]. Considerando che tutto questo avviene [nel giardino cintato da alte mura dietro la casa] tra sole venti ragazze divise in cinque gruppi di quattro, risulta appunto assurdo ed improponibile scrivere che Paola non riesca a vedere Ezio! Un conto infatti è inserire in maniera intelligente un tutorial che ti spieghi come sfruttare al meglio una particolarità del gameplay all’interno di un videogioco, un’altra cosa è leggerlo su un libro!
Inoltre come già accennato le descrizioni dei personaggi, anche quelli importanti, è del tutto superficiale sia dal punto di vista psicologico sia fisico.
Ancora più grave però è la superficialità con cui vengono descritti i luoghi e le bellissime opere d’arte del Rinascimento italiano. Aspetto su cui, ad una prima occhiata, si potrebbe passare sopra. Il problema è che al fondo del libro c’è scritto: Oliver Bowden (l’autore del romanzo) è lo pseudonimo di un affermato scrittore ed esperto del Rinascimento italiano. Questa dichiarazione va totalmente in conflitto con i contenuti letti perché nel romanzo manca qualunque tipo di approfondimento storico, politico, sociale o artistico che riguarda il periodo di Ezio Auditore. Inizialmente infatti pensavo che l’uso dello pseudonimo fosse per nascondere la vera identità di un docente accademico intimorito dal pubblicare un romanzo su un videogame. In realtà ora sono sempre più convinto che lo pseudonimo sia stato solo un modo per mascherare un impiegato qualunque della Ubisoft che si è messo a fare uno sfrenato copia-incolla delle sceneggiature.
In definitiva è un libro che non consiglio a nessuno! Proprio perché mi risulta difficilissimo trovare un target a cui questo romanzo possa essere rivolto.
A chi ha già giocato Assassin’s Creed 2 non lo consiglio perché sono tutte cose che ha già visto e non aggiungerebbe nulla alla storia.
A chi magari vuole giocare in futuro le avventure di Ezio non lo consiglio perchè si rovinerebbe una trama che è meglio giocare rispetto a leggerla.
A chi non gliene importa nulla dei videogame o di Assassin’s Creed non glielo consiglio perchè anche dal punto di vista puramente letterario, emozionale o d’intrattenimento Assassin’s Creed Rinascimento è un totale fallimento.